mercoledì 25 maggio 2022

Qui, accanto

 

„Ogni studente suona il suo strumento, non c'è niente da fare. La cosa difficile è conoscere bene i nostri musicisti e trovare l'armonia. Una buona classe non è un reggimento che marcia al passo, è un'orchestra che prova la stessa sinfonia. E se hai ereditato il piccolo triangolo che sa fare solo tin tin, o lo scacciapensieri che fa soltanto bloing bloing, la cosa importante è che lo facciano al momento giusto, il meglio possibile, che diventino un ottimo triangolo, un impeccabile scacciapensieri, e che siano fieri della qualità che il loro contributo conferisce all'insieme. Siccome il piacere dell'armonia li fa progredire tutti, alla fine anche il piccolo triangolo conoscerà la musica, forse non in maniera brillante come il primo violino, ma conoscerà la stessa musica. Il problema è che vogliono farci credere che nel mondo contino solo i primi violini“ 
          Daniel Pennac, libro Diario di scuola




Ecco un incipit con citazione, e che citazione! Un po’ lunga in realtà, ma mi piace iniziare un testo ispirandomi a chi di testi ne sa più di me, mi fa sentire al sicuro forse, mi ispira magari, non so ma questo è quello che è venuto fuori dopo aver tentato di scrivere questo incipit diverse volte.
Sì, ho iniziato questo testo tante volte, in realtà sapevo cosa volessi scrivere ma ogni volta le parole risultavano banali o troppo fredde, tecniche, quasi scontate. Quale era il mio acme? Quale momento nel mio testo doveva essere quel momento della consapevolezza? Quando chi scrive capisce qualcosa, si rende conto di essere a una svolta o ha imparato? Avevo pensato a questa lezione come a un dono, qualcosa che ognuno di voi poteva decidere di regalare agli altri, ma io non volevo con questo testo raccontare, non volevo insegnare, né tantomeno annoiare.

Alla parola dono preferisco la parola presente, non tutti sanno che sono sinonimi; a me i regali spaventano perché spesso confermano il fatto che gli altri non mi conoscono poi così bene, mi fanno regali che non mi piacciono, li accetto ma mi rattrista la consapevolezza che nessuno mi conosca bene ... vabbè questa è un’altra storia, una storia che c'entra con il valore e la necessità della condivisione. Dicevo che preferisco la parola presente: presente significa regalo ma anche essere presente per qualcuno, essere presenza che ascolta e aiuta, essere persona, lì, accanto.

Qualche anno fa, leggendo un libro con una classe, proposi un’attività: l’attività si chiamava la scatola dei talenti.
Sapete cos’è un talento? Un talento era una moneta, un’antica moneta greca poi usata anche da altri popoli; una moneta ha un valore, la moneta serve per comprare qualcosa, più monete insieme fanno un valore maggiore. La moneta è qualcosa di prezioso. Un talento. 

Il talento.

La parola talento, però, significa anche altro: il talento è una capacità innata che una persona ha, una capacità che va scoperta, coltivata ma poi va anche mostrata, come una moneta va spesa, va unito ad altri talenti, è qualcosa di prezioso, il talento, solo se lo fai girare, lo mostri, lo condividi ... lo doni agli altri.

Un talento come un presente.
Chiesi a quella classe di scrivere il loro talento, o magari i loro talenti, su un foglio che avremmo poi inserito all’interno di una scatola, ma, c’era un ma: avrebbero dovuto promettere di impegnasi a donare i loro talenti agli altri, donare nel senso di condividere, mettere al servizio degli altri. Una particolare passione che avrebbe destato curiosità, un’ abilità che sarebbe stata di aiuto per un compagno in difficoltà, insomma il talento come presente, sempre pronto per l’altro. Lì, accanto. 

La scatola ci ha accompagnati fino in terza media, quando quel quattro marzo 2020 iniziò il primo lock down.
La scatola è scomparsa, i ragazzi fecero gli esami online e mai ci rivedemmo di persona, non aprimmo mai quella scatola per fare un bilancio: avevamo messo a disposizione di tutti i nostri talenti?

Spesso penso a quella scatola, penso a quanto quei ragazzi e quelle ragazze si fossero impegnati a scrivere ciò che avevano di più prezioso e quante volte durante gli anni avessero deciso di inserire altri foglietti, contenti di aver acquisito nuovi preziosi doni da condividere con gli altri, un cammino personale ma anche il viaggio di una classe, questo li aveva uniti e li aveva fatti sentire utili.

Non aprimmo la scatola ma i talenti erano stati sempre vivi, con noi. Lì, accanto.


Il mio presente per voi oggi vuole essere questo: la scoperta del vostro talento e la consapevolezza che condividerlo con gli altri significa renderlo più prezioso, per voi e per gli altri.


Questo poteva essere un buon finale ma vorrei aggiungere una riflessione: avevo molte perplessità su questo corso, non su di voi che neanche conoscevo, ma sul fatto di proporre a degli studenti di scrivere e ascoltare ancora un docente dopo aver trascorso sei ore a scuola, seduti a un banco. 

Non volevo fare scrittura creativa, volevo insegnarvi, senza pretese, una scrittura autentica. 

Non so se ci sono riuscita, ma sono stata molto contenta di aver scoperto e conosciuto voi: ragazze e ragazzi che hanno voglia di scrivere, che sono disposti a imparare a farlo, che ci riescono anche abbastanza bene. Questo voi mi avete donato e per questo vi ringrazio.


Spero, anch’io di essere stata un presente, qui, accanto.





venerdì 14 gennaio 2022

Nel burka





SCELTE

Quando se ne è andato

di lui mi è rimasto

solo me stessa

Frammenti, Hoda Ablan (poetessa yemenita)









C5 sguardo, fisso.

Davanti a me la nuca di mio fratello.
È un bravo ragazzo mio fratello, un bravo musulmano, un uomo che non sa ascoltare, mio fratello.
Stiamo andando al mercato, lui sta andando al mercato, io calpesto il suo incedere virile a memoria.
I suoi passi sono lunghi, velocemente mi fanno strada dietro di lui.
Non riesco a stargli dietro.

C5 sguardo, fisso.

Sento pulsare nelle tempie il sangue che scorre. Fa caldo. Il sudore mi bagna il viso, cola sugli occhi, nella bocca, non vedo, non riesco a parlare. Respiro il mio respiro, mi nutro di aria usata. Il cuore accelera. Cerco di ascoltare rumori, assaporare suoni, rubare fruscii stranieri che sazieranno le mie fantasie. Ovatta nelle orecchie, nuoto incatenata dentro un acquario senza altri pesci e nel quale, un giorno, qualcuno a caso pescherà.
Non riesco a stargli dietro.

C5 sguardo, fisso.

Dietro la porta, appeso, il mio abito scuro. Lo prendo e con un gesto ampio lo faccio vorticare in aria, plana il velo per aria, largo, teso come due ali, atterra sul mio capo, piantato come una tenda nel deserto. Oasi lontane attendono di dissetare la mia sete.
Non riesco, a stargli dietro.

C5, sguardo, fisso.

Chissà cosa potrei vedere, se solo riuscissi a girare il viso, gli occhi … C4, C3, C2, C1 buio.
Vorrei vedere i miei piedi; piedi stanchi, piedi che inciampano, piedi che arrancano, piedi nascosti.
Sono belli i miei piedi,
So camminare anch’io, lo so fare. Ho provato passi di danza. La mia stanza custodisce le mie impronte impresse al ritmo della mia testa. Passi avanti, indietro, a destra, a sinistra … C6, C7, C8, C9 buio.
Non, riesco, a stargli, dietro.

C5, sguardo fisso.

Cerco di concentrarmi sugli spazi, gli spazi tra queste linee. Cammina. Segui. Avanti.
Il mondo fuori è ormai ingabbiato in un reticolo, il mondo è ingabbiato oppure io? Meridiani e paralleli, di sicuro non mi perderò, so dove andare perché altri sanno dove devo andare.
Sguardo, fisso.
Vorrei perdermi senza coordinate, senza bussola, senza stelle, senza un Nord.

C5 sguardo, fisso.

Colpita, affondata.



mercoledì 20 maggio 2020

I volti nella sofferenza

Sarò presenza
Essere coerente
Sarò discreta
Essere muto
Sarò benigna
Essere accogliente
Le mie mani
I miei occhi
La mia testa
Il mio cuore
Sempre e per sempre
Sarò indifferente
All'oltraggio della mia
Presenza.
Sempre e per sempre.




Sono qui, ma il mio sguardo è altrove. Non voglio esserci. Occhi tristi, lacrime, un dolore che non è mio si mescola con il desiderio di fuggire lontano. Non so esserci, non voglio sentire dolore, il tuo dolore, sopportare quello che è solo tuo. Che ci faccio qui? Mi rifugio in un posto tutto mio, non lo vedrai, non lo saprai. I miei passi saranno orme solo mie, suono nelle mie orecchie, ritmo nel mio cuore. Il mio sguardo sarà in un altrove dove mi adagerò, leggerò un bel libro, guarderò il tramonto e ascolterò il vento. Non voglio essere qui, forse lo capirai, ma sopravvivere sarà la mia forza, respirare la libertà che il tuo dolore soffoca. Continuare a vivere.

Non sono lì, ho scelto la sincerità, una chiara indifferenza, me ne vado, sono una bastarda che non vuole respirare dolore altrui. Mi dispiace, forse no. Le mie braccia sono altrove, felici di esserci. Nessun pensiero sfiorerà il mio sguardo, nessun ostacolo per i miei passi, nessun frastuono nelle mie canzoni. Finale aperto. Scelgo di stare qui.

Sono qui e il mio sguardo è su di te. Vivo lo strazio delle tue parole, sento il tepore dei tuoi respiri, asciugo il tuo sguardo. Sono braccia, mani, sorriso. Ho deciso che voglio stare qui. Sarò muta e ascolterò le tue parole, il tuo silenzio. Sarò il tuo sguardo, i tuoi passi, le tue mani. Presterò voce al tuo dolore, difesa alla tua angoscia. Sarò tutto ciò che vuoi, il mio volto è la tua sofferenza.


Sono nel mio qui e non posso essere altrove, dove vorrei essere. Il mio sguardo si perde dove non vuole, condannato al silenzio. A braccia conserte, conforto la mia paura, codardo alibi che non oltrepassa il confine del tempo, dei no, del peccato, delle maledizioni o dei forse, delle ambizioni, della confusione, il confine dei perché. Sono nel mio qui e non posso fare altrimenti. Ti penso, affondo i miei passi nei tuoi, ti sento nel tuo altrove sperando che il mio pensiero non diventi un patto tradito. Fragili, capaci di far male, di confortare.

Sempre e per sempre
MADF





Sarò quindi assenza

Essere coerente
Sarò lontana
Essere muto
Sarò sofferente
Essere braccia, mani, sorriso
Le mie mani
I miei occhi
La mia testa
Il mio cuore
Sempre e per sempre
Sarei lì con te
All'oltraggio della mia
parola.
Sempre e per sempre.

MADF



domenica 2 settembre 2018

Le parole sono finestre (oppure muri)



Mi sento così condannata dalle tue parole,
mi sento giudicata e allontanata
prima ancora di aver capito bene.
Era questo che intendevi dire?
Prima che mi alzi in mia difesa
prima che parli con dolore o paura,
prima che costruisca un muro di parole
dimmi, hai davvero compreso bene?
Le parole sono finestre oppure muri,
ci imprigionano o ci danno libertà.
Quando parlo e quando ascolto
passa la luce dell’empatia attraverso me.
Ci sono cose che ho sognato di dire
cose che per me significano tanto,
se le mie parole non servono a chiarire,
mi aiuterai a liberarmi?
Se sembra che io ti abbia sminuito
se ti è parso che non mi importasse,
prova ad ascoltare, oltre le mie parole,
i sentimenti che condividiamo.

Bertram Rosenberg Marshall Liberamente tratto da “Le parole sono finestre (oppure muri)” 

martedì 15 agosto 2017

Preziosi frammenti di un grande abbraccio





Coraggio

L’anima va avanti e guarda a ciò che l’aspetta,
orienta i suoi passi con amore e trepidazione
verso il traguardo non ancora raggiunto,
anche quando il vento non è mai stanco.
Ricorda: hai promesse da mantenere,
e miglia da fare prima di dormire.
Occorre ritmo per camminare avanti.
I say a little prayer for you



Pensieri luminosi
Le stelle sono sempre lì, 
diffondano luce dagli occhi, 
un dono di luce 
contro la paura del buio lupo. 
Ti colmi, ti trabocchi 
tutto il mare, tutto il cielo 
e l’ombra ti cadrà alle spalle. 
Domani uscirà il sole. 
Occorre una giornata di luce che faccia sorridere il cuore. 
I say a little prayer for you


Speranza
Affàcciati alla finestra e solleva lo sguardo verso il cielo,
fuggiranno i dolori, quali timido stormo sprovvisto di nido,
è la vita stessa che si difende,
canta melodie senza parole e non smette mai
perché la speranza è una musica antica,
un motivo in più.
Occorre aggrapparsi al cuore e lanciarlo in aria come un gioco bambino.
I say a little prayer for you


Amore
Silene, i fiori degli sposi.
Aroma sospeso.
Quando la mano della vita pesa e la notte non canta,
è il momento di amare e confidare.
Fa' di me la tua essenza
e non avrò vissuto invano.
Occorre una mano nella mano a tirare la strada indietro.
I say a little prayer for you



Abbracci
C’è uno sguardo e un cuore che ti penetra 
fin nel midollo delle ossa, 
canterai e piangerai insieme a me,
ti riposerai nella corsa e appoggerai il tuo capo
come in un manto sicuro, come un ponte sull'acqua tempestosa.
Grandi braccia ti avvolgeranno
e un’eco risuonerà perché questa è la nostra amicizia …

cammino

amare

confidare

luce

vento che sospinge

attesa

amore

forza

speranza

coraggio


Occorre che qualcuno sia con noi sempre e per sempre.

I say a little prayer for you


Nankurunaisa

A chi dobbiamo credere? Io, io non so pregare!

Ti supplico, fa’ in modo che esca da me un po’ di musica …

Allora ti auguro tempo per sperare nuovamente e per amare. 

Perché con il tempo si sistema tutto.

Ma intanto prendi quello che ti servirà,

del nostro cuore il battito migliore.


I say a little prayer for you




sabato 6 maggio 2017

Perché la cosa peggiore è non appartenere




In me il tuo ricordo è un fruscio
solo di velocipedi che vanno
quietamente là dove l’altezza
del meriggio discende
al più fiammante vespero
tra cancelli e case
e sospirosi declivi
di finestre riaperte sull'estate.
Solo, di me, distante
dura un lamento di treni,
d’anime che se ne vanno.
E là leggera te ne vai sul vento,
ti perdi nella sera.
Vittorio Sereni

da “Frontiera”, Edizione di Corrente, Milano, 1941









Perché la cosa peggiore è non appartenere.
Non appartenere più.
Caro e curioso lettore, scettico nel tuo andare, che ti dondoli tra le mie parole riempiendo un momento di noia, sì dico a te! tu da questo momento in poi puoi smettere di leggere, smettere di chiederti se appartenere ti fa schifo, se ti evoca quell’insopportabile puzza di muffa; appartenere per te fa rima con costringere, chiudere in una gabbia, uccidere l’autonomia a colpi di richieste, soffocare l’autostima con attese di conferme.
Sei andato via? Ora puoi sparlare di me con i miei amici pazzi.

Non essere più ricordo, quel filo che invisibili mani partoriscono dalle cose, dai momenti, dai luoghi, dai sorrisi.
Non essere un numero di telefono.
Non essere un buongiorno o una buonanotte.
Non essere il sorriso che nasconde pensieri condivisi.
Non essere una mano stretta per caso.
Non essere la sicurezza nell’incertezza.
Non essere il momento che sveglia il passato e lo stropiccia come occhi appena svegli.
Non essere il luogo divenuto assenza.
Non essere la gioia condivisa.
Non essere il dolore che trova comprensione.
Non essere l’abbraccio improvviso e inatteso.
Non essere quarantasette sms.
Non essere più 
niente.
Appartenere.
Non appartenere più.

Perché la cosa peggiore è non appartenere.











Il filo sottile che tiene insieme due persone.
– Quale filo?
– Il filo di tutto quello che le tiene legate, anche quando sono lontane. Anche quando non si vedono e non si parlano.
…- Perché dici il filo?
– Perché è una cosa molto sottile e molto resistente, no? Che puoi anche non vedere, ed è estensibile quasi senza limiti attraverso la distanza e il tempo e l’affollamento delle altre persone che occupano lo spazio e lo attraversano in ogni direzione.
Però non è affatto scontato che ci sia, il filo.
– No?
– No. Magari due pensano di essere molto legati, poi appena provano ad allontanarsi scoprono che in realtà stanno benissimo ognuno per conto suo.
– E allora perchè pensavano di essere legati?
– Perchè erano tenuti insieme da una colla di pura abitudine e oggetti e luoghi condivisi e gesti stratificati. E’ una colla così forte da sembrare una saldatura permanente, ma appena uno dei due prova a staccarsi non c’è nessun filo che lo segua.
– Che triste.
– Sì. La maggior parte dei legami sono di questo genere, credo.
– Come fai a sapere che invece il filo c’è?
– Quando provi a romperlo, e ti trovi in caduta libera attraverso il senso delle cose.
– E di cosa è fatto, questo filo?
– Di uno scambio continuo di domande e risposte. Sguardi, anche solo immaginati. Assonanze e intuizioni e sorprese, curiosità reciproca che non si esaurisce. E similitudini, e differenze.
Andrea De Carlo, “Pura vita”