giovedì 10 ottobre 2013

I sassolini nelle scarpe


La memoria è un mostro: tu dimentichi - essa no.
Archivia le cose, ecco tutto.
Le conserva per te, o te le nasconde - e le richiama, per fartele ricordare, a sua volontà.
Credi di avere una memoria.
Ma è la memoria che ha te.

John Irving, da "Preghiera per un amico"

Fermarsi un istante: quante persone al mondo in questo momento stanno facendo la stessa cosa che sto facendo io?
Mangiare le carote, mettere benzina, fissare il semaforo rosso, scegliere un cd.
Guardare il sole andar via e chiedersi stupidamente perché fugga dalla notte.
Una strada davanti, una via da percorrere. Contare i passi,  sognare una méta e sospirare oltre l’orizzonte. Un passo sicuro dietro l’altro, mentre l’aria si riempie dell’odore fresco di un campo appena arato, anche lui pensa al domani.
Lio amava contare i suoi passi.

uno, due, tre

ritrovarsi sola con una via da scalare, dritta su ogni ostacolo, fino a lasciarselo alle spalle, lanciando i piedi oltre ciò che era già ieri.

quattro, cinque, sei

Loro erano lì, ma ogni volta la sua mente a complotto col suo cuore costruiva alibi, arrancava su scuse e convinceva Lio che solo avanti era la strada giusta.
Lio numerava i suoi passi e pensava.

sette, otto, nove

Cercava sicurezza su quella strada, allacciava la cintura e guardava fuori, guardava in alto, guardava intorno e dentro, sì, dentro le persone. Un viaggio di passi che lasciano orme, con il desiderio di dire sempre la cosa giusta. Indossando quel suo sorriso spesso frainteso, irriso da chi non ne voleva sapere di imparare a comprendere.

dieci, undici, dodici

Le piaceva perdersi lungo quella via, tenendo fisso lo sguardo in un altrove e attraversare immaginari labirinti.

Tredici …




Ad un tratto sulla strada qualcosa non andò per il verso giusto. Sentì le scarpe riempirsi di sassi. Nessun passo avanti poteva compiere, né poteva tornare indietro, bloccata in una notte che non andava più via, a chiedersi ancora perché il sole fugga dal buio.
Quanti come Lio in quel momento?
Lio, una qualsiasi, Luna o Laltra. Lio si ritrovò con un paio di scarpe di sassi, seduta all’ultimo banco, confusa con una verde parete.
Schiacciata e calpestata ascoltava il cuore non battergli più nel cuore, ormai i battiti avanzavano e impazziti albergavano ovunque fino a toglierle il fiato, fino a voler uscire da quel corpo incapace di andare oltre. Quel povero e malato cuore …
Sbagliata e incapace, Lio, se ne stava ferma immobile e dritta sulla strada, si sentiva indegna di qualsiasi risposta, convinta ormai di non meritare più quel cammino.
Divenne parte delle ombre, invisibile a chi seminava quel campo in attesa di nuova vita, vita che scorre solo intorno.
Voleva urlare, ma la sua voce come il suo corpo era invisibile, i piedi doloranti erano l’unico grido che le era concesso e che le ripeteva di essere ancora viva, … viva per ascoltare quel dolore di vergogna, mentre continuava a mescolare le sue lacrime giuste alle sue lacrime sbagliate perché ci son dolori e dolori.
Aveva scalato una montagna Lio, si era affacciata su quella finestra, ma un mondo di plastica l’aveva avvolta.

Tredici …

Ora cercava solo un posto comodo per sedersi, togliersi le scarpe e svuotarle finalmente dei sassi.
Ma perché il sole fugge dalla notte?
Perché ha paura del buio, non si accorge che fugge dal sole, da sé, ha paura di sé, dell’assenza di sé.